2.500,00 €
125
x
100
Fotografato da una tribuna, dall’alto, era una parentesi umana pronta a esplodere per poi rannicchiarsi, sempre in volo, prima di atterrare. Ha portato il tennis un bel pezzo più su, Sampras, grosso modo all’altezza di un canestro arancione e americano. Pete eseguiva la sua evoluzione sospesa con la lingua di fuori, ricordando quell’altro fenomeno di Michael Jordan. Uno che in campo aveva lo stesso vizio. Erano prove miracolose di pesca sospesa, le sue. La maglietta, pure lei, volava morbida fino a scoprirgli la schiena, e il braccio sinistro funzionava come contrappeso. Dopo aver staccato da terra, in effetti, Pete galleggiava come una sorta di colibrì gigante tutto denti e sopracciglia. Le sue ali invisibili battevano così veloce che lui, in aria, nel momento dell’impatto, trovava comunque un equilibrio quasi fermo. Tutto molto nineties, con la sensazione che Petros – così all’anagrafe – quel balzo l’avrebbe fatto anche con uno zaino pieno caricato sulle spalle. S’arrampicava verso il sole, l’americano con la Grecia dentro: “Assaggia ‘sto smash, com’è?”. Greco, appunto. PS ha dominato l’ultimo decennio sul serio pop, viaggiando in modalità Game Boy: battendo chiunque e ripetutamente come se a tennis si giocasse premendo un cursore a croce. Con l’aria dinoccolata da ragazzo perbene, Pit (scritto come si legge) ha finito per “smesciare” in testa a tutti, chiudendo il polso e chiudendo in prima posizione per sei anni di fila. Trovando l’America pure a Londra in una specie di viaggio impossibile che l’ha reso giardiniere volante dalla lingua penzoloni, lips and tongue, con richiamo ai Rolling Stones. “La spalla mi fa male solo quando perdo”, disse una volta dalle parti di Church Road, una battuta così british da fargli guadagnare le simpatie di un pubblico dal palato complicato. È sempre appartenuto a un altro lontanissimo pianeta. Fatto di pochi scambi, difficilmente sopra gli otto tiri, di servizi seguiti a rete, di dritti giocati in corsa, di volée toccate con la mano. Oppure di pallonetti da recuperare più in alto possibile come dentro un cartone giapponese, quelli in cui il salto dura 20 secondi e sullo sfondo la terra diventa sempre più piccola. Lo smash in iper-elevazione di Sampras è un manifesto pop: occhi fissi sulla palla e scelta di tempo perfetta. Sempre con l’aria di chi fa cose normali puntando con garbo a diventare il migliore di sempre. Anche per merito di una famiglia middle class americana che l’ha appoggiato ma non ossessionato, consentendogli di diventare un borghese grande grande capace di attaccarsi al lampadario e tirare giù il mondo.